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il nano e la fata

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Lo spettacolo stava per iniziare,
c’era attesa nell’aria,
l’ansia d’ascoltare
il bel canto antico
che tutti i sentimenti toccava,
come note suonate
dai colori dell’arcobaleno.

E lì,
in un angolo della sala,
tra donne eleganti ed uomini in frac,
il nano accompagnava la fata,
le sorrideva,
le parlava dolcemente,
pendeva dalle sue labbra,
ma non eravamo al circo.

Lei muoveva l’aria intorno a se,
le sue lunghe mani affusolate
delicate,
magiche
liberavano stelle
ed i suoi sorrisi
animavano ogni cosa.

Così il mostro era inebetito,
era felice quella sera,
si sentiva un gigante,
e poi seduto accanto
non si notava la differenza:
il testone deforme,
l’altezza,
il mento pronunciato,
il busto un po’ ingrossato.

Lei parlava,
parlava…
Parlava….,
lei gli toccava i capelli
come al cucciolo più bello,
facendolo scuotere,
facendolo ridere,
ancora ridere e sognare

Ad un tratto silenzio,
poi un suono lieve
ed a seguire l’energia di un uragano:
la forza dell’orchestra,
il bel canto.
Tutto era diventato incanto.

I sentimenti cominciarono
a viaggiare nell’aria
il desiderio,
la passione,
l’odio,
la gioia ed il dolore,
ma poi venne l’amore
immenso e denso,
amplificato,
ingigantito dalla sala,
dai volumi e dagli spazi,
dalla musica e dai vocalizzi,
e nella penombra la perfezione
toccò ogni cuore.

In quell’istante
due mani nel buio della sala
si unirono,
si strinsero,
si riscaldarono,
si amarono,
ma nessuno poteva vedere,
osservare, criticare e ridere
beffeggiare…..
Nessuno.

Poi tutto svanì,
ci fu grande applauso
e la sala comincio ad scemare,
anche loro,
come l’ultimo raggio
di un tramonto grigio.

Uscirono non come amanti,
ma sempre come padrona e cucciolo.

Solo due cuori erano rimasti
nei ricordi di due poltrone
di velluto rosso.



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